Con R.D. 2.1.1927, n.1, pubblicato sulla G.U. n.7 dell’ 11.1.1927 fu istituita la Provincia d Brindisi.
L’art. 12 del decreto delegava anche il governo del Re a revisionare le circoscrizioni giudiziari per raccordarle a quelle provinciali.
Il R.D. 31.5.1928, n. 1320, pubblicato sulla G.U. 26.6.1928, n. 148, Primo Ministro Mussolini, Guardasigilli Rocco, istituì la sede del Tribunale a Brindisi, che insieme ai Tribunali di Bari, Foggia, Lecce, Lucera, Taranto e Trani formava il Distretto della Corte di Appello di Bari, unico per la Puglia.
Lecce fu successivamente costituita in Sezione Autonoma di Corte di Appello, prima di diventare sede di Distretto di Corte di Appello, ricomprendente i Tribunali di Lecce, Brindisi e Taranto; in quest’ultima Città dal 1994 è stata istituita la Sezione Autonoma di Taranto della Corte di Appello di Lecce.
Il R.D. 21.1.1929, n. 74, pubblicato sulla G.U. 2.2.1929, n. 28 dispone l’entrata in funzione del tribunale di Brindisi a partire dal 1° marzo 1929; il 20.3.1929 fu emessa la prima Sentenza penale.
La prima sede fu ubicata in un’aula dell’Edificio Scolastico Femminile, in Piazza Angeli, con ingresso in via San Lorenzo da Brindisi; nel 1930 il Municipio di Brindisi acquistò Palazzo “Nervegna” che fu adibito oltre che a sede di Tribunale, anche della Corte di Assise di Lecce sedente in Brindisi, e della Prefettura, fino al 1976, anno di trasferimento nella nuova attuale sede di Via Aldo Moro, appositamente costruita e integrata nel 2002 con la nuova sede di Procura e Uffici del G.I.P. Nel Tribunale di Brindisi fu designato come Magistrato il Dott. Alberigo Foresio, nato a Ceglie Messapica da Eligio e Clarissa Calò, francavillesi, l’8.2.1881. Alberigo Foresio oltre ad essere un magistrato eccelso era anche, un caricaturista e ritrattista finissimo; morì giovanissimo il 31.3.1929.
Era stato Pretore a Gallipoli, venendo in contrasto con il futuro Segretario del P.N.F. On. Achille Starace; come sostituto Procuratore presso il tribunale di Taranto sostenne l’accusa nel 1926 nel processo per lo scandalo dell’Arsenale, con ventiquattro imputati, per reati contro la Pubblica Amministrazione contrapponendosi ad Avvocati come Giovanni Porzio, di Napoli, Agiulfo Caramia, di Taranto; della sua requisitoria “L’Eloquenza di Roma”, Anno XVI, n. 1-2-3 del 1926, scrisse : “…la sua dialettica acuta, tagliente, mordace, l’argomentazione precisa, l’analisi vigorosa e inesorabile, l’indagine giuridica sapiente ne fanno un avversario non solo degno di tutta la stima, ma temibilissimo. La eleganza nel porgere, la chiarezza della esposizione, la graduazione incalzante degli elementi di accusa, i richiami, le strette o conclusive alle quali perviene con una serie di sillogismi impeccabili, richiamano, attraggono, tengono sempre desta l’attenzione degli ascoltatori… Tutto un senso di responsabilità, di buon gusto è nell’oratoria di questo magistrato che la Curia Tarantina apprezza meritatamente ed al quale auguriamo la più sollecita ascesa…”.
Due figli di Alberigo Foresio divennero Avvocati, Ubaldo nel Foro di Roma e Michele di Milano.
Primo Presidente del Tribunale di Brindisi fu nominato il Dott. Ignazio Faenza, nato a Bari l’1.9.1871, entrato in Magistratura il 21.8.1902 dopo avere esercitato la professione di Avvocato, per le doti morali e di operosità acquisite nel ricoprire incarichi in diversi uffici giudiziari, tra i quali Lecce, Taranto e Bari; il Dott. Faenza morì a Putignano il 24.2.1951.
Con l’istituzione del Tribunale si insediarono la Commissione Reale per l’Ordine degli Avvocati, composta dagli Avvocati Ugo Bono, Presidente, Francesco Lazzaro, Commissario Segretario, Giuseppe Alessano, Commissario Tesoriere, Giuseppe Lucarini e Francesco Tamburini, Commissari, e la Commissione Reale per l’Ordine dei Procuratori, distinta dalla prima, composta da Corradino Panico Sarcinella, Presidente, Giuseppe Tatulli, Commissario Segretario Tesoriere, Vincenzo Bianchi e Giuseppe Iaia, Commissari.
Per entrambi gli Ordini rappresentante del sindacato Forense era l’Avv. Vincenzo Fiori.
I due Albi furono redatti e stampati per la prima volta nel 1930.
Quello degli Avvocati contiene anche l’elenco dei Patrocinanti in Cassazione; quello dei Procuratori contiene anche i nomi degli Avvocati già iscritti nel proprio Albo e che quindi espletano anche l’attività procuratoria propria dei primi; contiene anche i nomi dei Patrocinanti, sprovvisti di laurea in giurisprudenza, ma abilitati all’esercizio della professione forense dinanzi alla magistratura “minore”;
Le Commissioni Reali furono soppresse dal R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 sul Nuovo Ordinamento Forense, convertito con emendamenti nella L. 22.11.1934, n. 36 e dal R.D. 22.1.1934, n. 37, Norme integrative e di attuazione dell’Ordinamento, e sostituite con il Sindacato di categoria costituito in Direttorio del Sindacato Fascista Avvocati e Procuratori.
Le Commissioni Reali nelle composizioni prima indicate durarono in carica fino all’inizio del 1934 allorquando, in data 11.4.1934 si insediò il Direttorio con l’Avv. Vincenzo Fiori Presidente-Segretario del Sindacato, Corradino Panico Sarcinella , Componenete-Segretario, Isidoro De Franco, Giuseppe Lucarini, Gabriele Marzano, Luca Mindelli, Augusto Prete, Componenti.
Nel 1930 il numero complessivo degli Avvocati iscritti nell’Albo degli Avvocati d Brindisi era di 48 per tutta la provincia; gli ammessi all’esercizio professionale presso la Corte di Cassazione del Regno erano quattro: gli Avvocati Ugo Bono, Vincenzo Fiori, Giuseppe Lucarini e Gino Zaccaria; il numero di avvocati, Procuratori laureati in Giurisprudenza e Procuratori (patrocinatori) non laureati era in tutto 68.
L’Avv. Vincenzo Fiori durò in carica fino al 1940, quando fu sostituito dall’Avv. Giuseppe Lucarini, che, come facente funzioni presiedette l’organismo fino alla caduta del fascismo.
…Anche gli Avvocati furono interessati dalle Leggi sulle epurazioni introdotte con i D.L.L. 27.7.1944, n. 159 e D.L. 9.11.1945, n. 702; il Governo Parri infatti cercò di promuovere un processo di normalizzazione nel Paese sconvolto dagli strascichi della guerra e mise all’ordine del giorno lo spinoso problema delle epurazioni (che avrebbe dovuto applicarsi non solo ai funzionari statali, ma anche agli esponenti del potere economico e alle classi professionali più compromesse con il fascismo).
Parri suscitò l’opposizione delle forze moderate, in particolare del PLI che ritirò la fiducia al Governo, determinandone la caduta. La svolta moderata e irreversibile si ebbe con il Governo De Gasperi; l’epurazione fu rallentata anche perché nel giugno 1946 Togliatti, Ministro della Giustizia, varò una larga amnistia.
Nessuno degli Avvocati del Circondario di Brindisi sottoposti a procedimento fu epurato.
Ricostituiti gli Ordini Forensi con il D.Lgs. Lgt. 23.12.1944, n.382, quello di Brindisi fu presieduto dal 7.3.1945 al 29.1.1947 dall’Avv. Gino Zaccaria; si sono quindi succeduti gli altri Presidenti: l’Avv. Pietro Lcarini dal 1947 al 1948; l’Avv. Antonio Caiulo dal 1951 al 1954; l’Avv. Corradino Panico Sarcinella, dal 1955 al 1957; nuovamente l’Avv. Antonio Caiulo dal 1958 al 1959; l’Avv. Armando Attolini, dal 1960 al 1977; l’Avv. Vittorio Saponaro dal 1978 al 1985; l’Avv. Mario Pennetta, dal 1986 al 1991; l’Avv. Carlo Tataranno dal 1991 al 1995; l’Avv. Francesco Morgese, dal dicembre 1995 al gennaio 2001; l’Avv. Augusto Conte dal gennaio 2001.
Gli Ordini Forensi nel CXXX anniversario della istituzione
Alla Unità d’Italia nel 1861 si avvertì l’esigenza di una legislazione unitaria, sollecitata da movimenti di opinioni, diffusi anche attraverso la stampa, tra cui, quale primo esempio di stampa forense, la Rivista “Monitore dei Tribunali”, che nel numero del 20 gennaio 1863 scriveva: “La nazionalità è il più grande bisogno cui la legislazione deve soddisfare; la nazionalità è il carattere più serio e deciso che deve dominare la nostra legislazione”.
Dietro a questa spinta cominciava a costituirsi l’idea di un corpo associativo dell’Avvocatura con un rilevante impegno sociale e politico, di estrazione borghese, ma con forti spinte riformatrici.
Sempre il “Monitore dei Tribunali” scriveva nel 1862: “Il ceto dei dottori in diritto godette fino al medioevo di parecchi privilegi, e la stima antica tanto più facilmente si conservò, che di regola gli Avvocati stanno in molte cause dal lato del popolo e contro il governo, la nobiltà d’Italia si mantenne con essi in relazioni sociali, fra i Giudici e gli Avvocati, dai quali spesso i Giudici vengono scelti, sussistono rapporti amichevoli, e tanto guadagnano stima maggiore, quanto gli italiani sono per indole inclinati ad attribuire gran valore all’eloquenza”.
Prima dell’Unità la classe forense operava in materia disomogenea nelle diverse realtà statuali del territorio italiano, in special modo successivamente al periodo napoleonico, dovendo gli taliani cimentarsi con la successione di normative e le conseguenti difficoltà interpretative: infatti, abrogati i codici napoleonici, dopo la Restaurazione venne introdotta in molti Stati una nuova codificazione, fino a quella immediatamente precedente la unificazione, realizzata con la legge 25 aprile 1859, n. 345 nel Regno di Sardegna (che, fra l’altro, oltre ad introdurre tre nuovi codici, penale, procedura penale, e procedura civile, unificava gli ordini di giustizia), resa esecutiva nelle provincie meridionali con il R.D. 20 giugno 1861, che precedette di poco il R.D. 16 febbraio 1862 con il quale fu stabilito l’Ordinamento della amministrazione giudiziaria dopo la proclamazione del Regno d’Italia.
In tale spirito di unificazione fu introdotta la Legge 8 giugno 1874, n. 1938 e il Regolamento 26 luglio 1871, n. 1012 che, ricalcando il modello francese, istituiva i Colleghi distinti di Avvocati e Procuratori, abrogando tutte le Leggi e i Regolamenti in vigore.
La legge professionale non si limitava a fissare le regole per la iscrizione negli Albi di Avvocato e di Procuratore, e a stabilire le competenze e le condizioni per l’esercizio della professione forense, ma riconosceva autonomia nella gestione, nella iscrizione e nella disciplina dei professionisti, con lo scopo da un lato di unire gli esercenti la professione, garantendone la autonomia e la esclusiva professione, e dall’altro di assicurare ai cittadini che avessero avuto necessità, una categoria di persone fornite di requisiti sia tecnici che morali, e ai professionisti il diritto di esclusiva per le materie su cui erano competenti.
Negli Albi distinti per Avvocati e Procuratori era obbligatorio iscriversi per l’esercizio della professione; l’Avvocato, secondo la tradizione, aveva funzioni più elevate di difesa, orale o scritta, affidata alle sue scelte tecnico giuridiche, mentre il procuratore aveva funzioni di rappresentanza nello svolgimento del processo e nel compimento di atti vincolanti a regole.
Gli Avvocati vennero quindi costituiti in Collegi e in ciascun Collegio fu istituito n Consiglio dell’Ordine, per ogni sede di Tribunale, per la tenuta degli Albi, per “vegliare” sulla conservazione del decoro e dell’indipendenza del Collegio, per “reprimere” in via disciplinare abusi e mancanze, per comporre le contestazioni insorte tra Avvocati e tra questi e i clienti.
La legge ebbe anche oppositori, il più fiero dei quali fu Francesco Carrara, allievo di Carmignani, titolare della Cattedra di Diritto Penale nell’Università di Pisa, fondatore della scuola giuridica di Diritto Penale, parlamentare, nato a Lucca nel 1805 che nel noto scritto “Il passato, il presente e l’avvenire degli Avvocati in Italia”, Firenze, 16 settembre 1874, definì la legge Professionale “improvvida, impolitica, illiberale”, ritenendo che frantumando gli Ordini e “infeudando ogni Avvocato al suo domicilio”, si volesse “demolire la rappresentanza dell’Ordine”, perché si temeva “lo influsso che avrebbe potuto esercitare nello emergenze di qualche sopruso una protesta, od un indirizzo al Parlamento” e che “ i locali del potere esecutivo potessero porre il piede sul collo ad ogni Avvocato di provincia che mostrasse troppo zelo per i diritti dei suoi clienti” e quindi temeva un indebolimento, contro gli eccessi del potere esecutivo, del potere giudiziario che Carrara riteneva essere costituito insieme (“la missione sociale è identica”) da Avvocatura e Magistratura in un solo corpo: “chi offende la magistratura offende anche la curia, come chi offende la curia offende la magistratura”.
Prevalse invece il principio favorevole alla Legge solennemente asserito da Giuseppe Zanardelli nei “Discorsi” secondo il quale l’Ordine costituiva una istituzione con aspetti tendenzialmente pubblicistici: “noi non siamo una società, non siamo una corporazione che goda alcun privilegio; noi siamo secondo le parole che ereditiamo dalla tradizione romana un Ordine. Ordine cioè istituzione a cui è affidato il compito di tutelare i diritti e di far rispettare i doveri degli Avvocati”.
A centotrenta anni dalla istituzione l’Ordine Forense di Brindisi, nella piena e ferma convinzione della centralità dell’Ordine Forense, quale ente sussidiario che contribuisce alla realizzazione dei fini dello Stato; della sua autonomia e indipendenza, poste a presidio delle libere professioni, e a garanzia dei diritti dei cittadini, come riaffermato dalla legislazione che attribuisce agli Ordini, tra gli altri, accresciuti compiti di formazione e vigilanza per il patrocinio per i non abbienti e per la difesa di ufficio; nella consapevolezza del suo ruolo volto all’accrescimento della valorizzazione della libera professione, non in funzione di inesistenti privilegi di casta, ma per tutelare i diritti dei cittadini senza condizionamenti e senza vincoli, e in piena libertà, ha voluto ricordare l’evento, pubblicando, dopo una breve sintesi sulle vicende politico-sociali.ordinamentali della normativa sulla professione forense, e sulla costituzione del Tribunale di Brindisi e del suo Ordine Forense, la Legge e il Regolamento del 1874 istitutivi della professione per tutto il territorio nazionale, lo scritto di Francesco Carrara, e i “Discorsi” di Giuseppe Zanardelli che costituiscono pietre angolari sulle quali è fondata la nostra professione.
Il Presidente
Avv. Augusto Conte
L’Ordinamento Professione Forense
La prima legge in materia di Ordinamento Forense del Regno d’Italia è la L. 8.6.1874 n. 1938 e regol. 27.7.1874, n. 1012. Gli Albi, distinti per avvocati e procuratori, ai quali era obbligatorio iscriversi per l’esercizio della professione, erano tenuti dalle corporazioni professionali che avevano, tra i fini istituzionali, anche la vigilanza degli iscritti; queste linee fondamentali furono mantenute anche dalla L. 25.3.1926, n. 453 e Regol. R.D. 26.8.1926, n. 1683 introdotti per disciplinare la professione dopo l’avvento del fascismo, con l’aggiunta dell’Albo Speciale per i Cassazionisti.
Fu fissato il numero chiuso dei posti di procuratore messo a concorso per ogni Albo, “temporaneamente sospeso”, e non più ripristinato, con il D. Lgs. Lgt. 7.9.1944, n. 215 (che modificava anche la disciplina degli esami di procuratore, fissandola in due prove scritte, una di civile e amministrativo e l’altra sulle procedure, e in una prova orale su diritto civile, penale, amministrativo, finanziario e sulle procedure, penale e civile) fu stabilita una pratica forense biennale (poi ridotta a un anno, e più recentemente ricondotta a due). Furono creati i Consigli dell’Ordine che oltre alle precedenti incombenze, deliberavano su questioni disciplinari e il Consiglio Superiore Forense competente a conoscere dei ricorsi, le cui decisioni erano ricorribili avanti le Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Subito dopo, con la L. 3.4.1926, n. 563, sulla disciplina organizzativa dei rapporti di lavoro, fu creato il sindacato unico obbligatorio con veste di rappresentante legale delle categorie professionali; fu quindi necessario adeguare a tale legge le preesistenti strutture professionali e quindi anche l’Ordine degli Avvocati e Procuratori. Con R.D. 22.11.1928, n. 2580 furono soppressi i Consigli degli Ordini, sostituiti temporaneamente con le Commissioni Reali che avevano natura di organi statali, affiancate dal Rappresentante del Sindacato in attesa di un nuovo ordinamento di categoria, introdotto, poi, con il R.D.L. 27.11.1933, n. 1578, convertito con emendamenti nella L. 22.1.1934, n.36 e con il R.D. 22.1.1934, n.37 contenente norme integrative e di attuazione, tuttora in vigore, sia pure con una serie di modifiche significative, tra le quali la L. 27.6.1988, n. 242 e 20.4.1989, n. 142 sugli esami di procuratore e di avvocato (le prove scritte hanno contenuto teorico-pratico ed è stata introdotta una terza prova scritta avente come oggetto la stesura di un atto giudiziario) e il D.P.R. 10.4.1990, n. 101 sulle modalità di espletamento della pratica forense e ammissione agli esami di procuratore legale.
Con la legge 1933 furono sciolti gli Ordini e le Commissioni Reali e sostituiti con il Sindacato di Categoria costituito nel Direttorio del Sindacato Forense, con le stesse funzioni del Consiglio dell’Ordine. Il Consiglio Superiore Forense fu sostituito con la Commissione Centrale. Si cercò, in tal modo di innestare le strutture del sindacalismo fascista su quelle degli Ordini Forensi, lasciando inalterati le precedenti funzioni e attribuzioni, ma introducendo una vigilanza statale che incideva sulla autonomia della categoria.
Alla caduta del fascismo il D. Lgs. Lgt. 23.11.1944, n. 369 soppresse le associazioni sindacali fasciste, cessando di esistere i sindacati locali e nazionali avvocati e procuratori e il D. Lgs. Lgt. 23.11.1944, n. 382 ricostituì i già soppressi Ordini ristabilendo la libera elezione degli organi rappresentativi; organi dell’Ordine, che tiene un unico Albo per Avvocati e Procuratori, un Registro per i praticanti procuratori e l’Elenco Speciale, annesso all’Albo, di Avvocati e Procuratori degli uffici legali istituiti presso gli Enti, furono fissati nella Assemblea, nel Consiglio e nel Presidente che legalmente rappresenta l’Ordine.
La legge 24.2.1997, n. 27 ha abolito il titolo di Procuratore attribuendo all’Avvocato le funzioni di rappresentanza anche fuori dal distretto di Corte di Appello di appartenenza.
Presso il Ministero di Grazia e Giustizia fu istituito il Consiglio Nazionale Forense, quale organismo (per la tenuta degli Albi dei Cassazionisti e quale giudice di secondo grado per i procedimenti disciplinari).
Gli Ordini Professionali, corporazioni professionali aventi personalità giuridica di diritto pubblico, riguardano gli interessi della categoria, ma tutelando anche l’affidamento che il pubblico ripone nel professionista, nello svolgimento delle funzioni di rappresentanza e difesa.
I Consigli dell’Ordine nel tempo: